GLI INGREDIENTI DEL SAKE: L’ACQUA.

L’ acqua nel sake ?

La qualità dell’acqua nella produzione del sake è importante?

 

Se volessimo attribuire un corpo al sake questo sarebbe composto d’acqua.

Il sake giapponese è composto per l’80% di acqua. E’ anche la qualità dell’acqua che determina la qualità del sake. Al contrario di quanto accade nel vino dove l’acqua deriva dallo stesso frutto, qui l’acqua proviene non già dal chicco di riso (!) ma da una sorgente esterna. Se costruire una cantina in un luogo invece che in un altro può dipendere anche da una valutazione delle materie prime necessarie e presenti nel territorio, ebbene l’acqua sicuramente rientra a pieno titolo in questa valutazione fin dal primo mattone.  L’acqua interviene a più riprese nel processo di produzione del sake e prescindere da una attenta considerazione sulle sue qualità potrebbe risultare esiziale. A ben vedere, l’acqua è un elemento onnipresente: dal primo momento dell’ingresso in cantina del riso  fino all’ultimo passaggio, quando il riso è lavorato sempre in ammollo o in miscela con l’acqua. D’altronde, l’acqua può risultare determinante per creare nuovi sapori nel sake o per  bilanciarne il sapore complessivo, ed è per questo che è uno tra gli elementi più importanti per la produzione del sake.

L’acqua usata per la produzione del nihonshu deve preferibilmente contenere in quantità alcuni minerali quali il potassio, i fosfati, il calcio ed il magnesio. Questi elementi sono necessari per sostenere la diffusione ed il lavoro dei lieviti dall’iniziale  per progredire in modo naturale in un buon sake. Se, viceversa, ci sono bassi livelli di potassio, fosfati e magnesio, i lieviti non riescono a moltiplicarsi in modo congruo come dovrebbero, rompendo il delicato equilibrio dell’intero processo. Anche laddove l’acqua contenga ferro o manganese è da ritenersi che non sia adatta alla produzione del sake. Infatti, il ferro od il manganese  tendono per ossidazione ad oscurare il colore del sake e a privarlo sia di un buon aroma che di una buona fragranza.

Detto tutto questo, si può comprendere la propensione a collocare le cantine vicino a sorgenti o fiumi le cui acque sono da secoli considerate le migliori per proprietà minerali.

Tre sono le acque sorgive storicamente più famose in Giappone: la Miyamizu, la Gokusoi e la Fukuryusui.

La Miyamizu fu in un certo senso scoperta da Tazaemon Yamamura intorno alla fine del periodo Edo (1603-1868). Tazaemon era proprietario di due cantine di due distretti diversi, ma molto vicini, l’una produceva in Nishinomiya e l’altra in Uozaki nella prefettura di Hyogo. A parità di qualità di riso, di metodi di lavorazione e di lavoratori impiegati, il sake della cantina di Nishinomiya risultava sempre di miglior qualità rispetto all’altra di Uozaki. Tazaemon fece diversi tentativi per eguagliare le due produzioni di sake, senza riuscirvi finchè non comprese che era la qualità dell’acqua che le caratterizzava e differenziava l’una dall’altra. La Miyamizu, la cui sorgente si trova sul monte Rokko nella prefettura di Hyogo appunto, è infatti un’acqua minerale ricca di potassio e fosfati che nel processo di produzione del sake intervengono per sostenere e sviluppare l’attività dei lieviti nella fermentazione.

La Gokosui è un’acqua che troviamo a Fushimi nella prefettura di Kyoto, zona da sempre riconosciuta per la produzione di sake. Si narra che nel periodo Heian(794-1185) una sorgente sgorgò in modo naturale all’interno del complesso di templi tanto che fu subito designata con il nome di Gokosui ovvero come acqua santa e aromatica. Pare che anche lo Shogun Tokugawa volle bagnare i suoi tre figli nell’acqua Gokosui come una sorta di benedizione. Ancor oggi la Gokosui viene riconosciuta come una delle acque sorgive più interessanti per la produzione di un certo tipo di sake. In effetti, se la Miyamizu, grazie alla ricchezza di minerali in essa contenuti e quindi alla sua durezza (in termini fisici), caratterizza il sake per un sapore pieno, asciutto e dagli aromi pronunciati, la Gokosui, in confronto, ha dei connotati più delicati, morbidi e gentili.

La Fukuryusui, infine, è un’acqua sorgiva che deriva direttamente dalle piogge e dalle nevi del Monte Fuji e che viene naturalmente filtrata dalla roccia lavica. Questo lento filtraggio naturale tra le rocce vulcaniche che dura alcuni anni permette di trovarvi un giusto bilanciamento di minerali quali il calcio ed il magnese per un sake dal sapore  morbido e abboccato.

La storia del sake giapponese insegna che le cantine artigianali si sono sempre impegnate nella ricerca di nuovi bilanciamenti tra gli elementi coinvolti nella fermentazione con ciò che  hanno a loro disposizione in loco sia esso il riso o l’acqua: ogni sake è fondamentalmente espressione della natura e della cultura del luogo ove sorge la cantina. I Toji – gli equivalenti dei nostri enologi –  sono ben consapevoli che, per creare sake dai gusti anche raffinati, devono potersi affidare ed ispirare alle qualità delle acque sorgive di cui devono conoscere le morbidezze e le durezze. I Toji hanno sempre un occhio di riguardo per la genuinità degli ingredienti utilizzati e salvaguardando la ricchezza e l’equilibrio dell’acqua sorgiva utilizzata come se guardassero alle architravi su cui poggiare la costruzione del gusto del sake che stanno creando.

Durante le visite che le cantine organizzano, è normale poter assaggiare anche la limpida acqua sorgiva che viene utilizzata nella produzione in quanto questa può rappresentare un elemento di vanto e di distinzione e vuol  ricordare come il nihonshu abbia, un corpo chiaro e trasparente che  è specchio della natura locale dove sorge la cantina.

 

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