Il mondo senza confini dei sake.

Approfondimento

A cura di G. Passione

Un racconto, una lettura per una domenica di dicembre.

Quando ci si affaccia al mondo del sake, è come aprire una finestra su un panorama senza confini. Diversi tipi di sake disegnano con colori a volte vivaci a volte pastello i campi di questa visione. Da dove cominciare per riconoscerli, così, a colpo d’occhio? Cominciamo a contare i quadrati più grandi: quarantasette. Aguzziamo gli occhi. Nel centro si erge una torre di avvistamento. In cima sventola una bandiera  è quella del sake…

Alziamo lo sguardo. Sono sei i piani della torre dove risiedono i Premium sake. Attorno il terreno è costituito da una folta, vivace vegetazione di sake ordinari. 

Spingendo l’alta porta d’ingresso, ci troviamo in una sala rossa bourdeux immersi in incenso e legno. Scuro il pavimento in parquet. Ai lati finestre con pesanti tende di velluto, luce soffusa, arredi in massello di mogano. Alle pareti quadri di famiglie in abiti tradizionali. Siamo tra i Junmaishu, i più integrali. 

Una scala attira la nostra attenzione. Saliamo al piano di sopra. Le pareti sono di un rosso più chiaro. Nei quadri le famiglie sono in posa nei giardini impressionisti. La luce rivela i mobili in stile chippendale di un ocra dorato. Nell’aria si respirano profumi più intensi a volte pungenti di cera e di essenze speziate. E’ il piano degli Honjozoshu. 

In fondo, nell’angolo sale una scala. Al piano di sopra un arancione diffuso ispira una modernità dal gusto eclettico, quasi al limite della libertà o dell’anarchia. Si capisce che qui sono i dettagli a fare la differenza. Il mobilio bianco rococò, una stufa liberty inglese, in ghisa bianca domina il centro della sala. Un fine cornicione in legno quasi sostiene i quadri con le famiglie ritratte in abiti moderni. L’ambiente trasmette un messaggio: qui siamo speciali. E’ il piano dei Tokubetsu. 

E ancora una volta una scala ci invita a salire. Dal basso già si intravedono colori più eterei. La sala si mostra con una luce vitale. I quadri ritraggono le stesse famiglie dei piani inferiori, ma stavolta in tinte che virano sull’azzurro in tono con le pareti bianco celesti. Il design, nordico ed essenziale, richiama uno spirito di ricerca o di innovazione. Su un tavolo in acciaio e vetro un pout porri di fiori fucsia. In due vassoi di argento cesellati a mano, una natura morta: mele, pesche e meloni acerbi. Boccioli di rosa e  fiori bianchi mischiano l’aria con l’essenza della frutta appena còlta. 

Lasciamo i Ginjo alle nostre spalle per salire attraverso una scala a chiocciola all’ultimo piano. Le tende bianche sono mosse dalla brezza. Alle pareti dalle cornici le famiglie ci guardano in vesti eleganti. Capitelli, statue, ornamenti, un caminetto di marmo creano un equilibrio mosso da ricchi specchi barocchi e dai grandi fiori freschi nei cristalli. Tre lampadari di Boemia e frutta esotica sul tavolo rivestito in foglia d’oro ci dicono che siamo arrivati in alto, tra i Daiginjo. 

Poco più in la sulla destra un piccola scala bianca sembra suggerire l’esistenza di un ultimo piano. Ed infatti più in su troviamo una sala sospesa nell’aria. Leggeri vetri sostituiscono le pareti e lasciano sentire il sibilo del vento. Da qui si può ammirare il panorama, l’orizzonte in tutta la sua ampiezza. Scorrono le nuvole rinascimentali. Si apre al vento una bandiera con lo stemma del sake. Una atmosfera frizzante ed effervescente ci indica di essere tra i sake spumantizzati. 

Ci fermiamo ad osservare il paesaggio. Notiamo la torre vicina su cui svetta la stessa bandiera. Decidiamo di scendere per partire all’esplorazione di quella torre. Eppure prima di lasciare la prima sala che ci aveva accolto, scorgiamo sul pavimento di legno una botola. Vi fuoriesce una vena di luce. E’ l’ingresso di una cantina illuminata con i colori del miele. Un ambiente calmo, ovattato, disegnato per affrontare imperturbabile il passare del tempo. I mattoni isolano i pochi ritratti di personaggi austeri. Sobri condottieri a riposo. Nella penombra tappeti persiani in toni caldi e divani ricamati richiamano alla mente un luogo del lavorar paziente. Qui risiedono i sake invecchiati.

Chiudendo dietro di noi la porta della torre, un rapido pensiero e, incuriositi, ripartiamo verso la torre vicina. 

Bio.

.Giacomo Passione. Giurista, classe ’69, appassionato viticultore, anzi come lui stesso ama definirsi “vita-cultore”: “Della Vita, con la V maiuscola, mi piace tutto e di tutto sono curioso e metodico studioso e osservatore”. Una vita professionale passata tra le aule dei tribunali toscani a patrocinare le cause del quotidiano vivere sociale, nel 2015 incontra quasi per caso il sake giapponese e se ne innamora in un batter d’occhio. Viaggiatore esperto, abile oratore e cuoco casalingo organizza cene e banchetti con i suoi amici togati dove non perde l’occasione per condividere perle di saggezza orientale e di cultura internazionale, coniugando l’empirismo della degustazione con la narrazione di storie incredibili e mirabolanti.

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