LA CANTINA MIKUNIHARE: STORIA DI UN SAKE DI MARE.

Arrivammo a Kurobe, piccola cittadina sul mare del Giappone, alle nove del mattino. Correva l’anno 2014 ed era la prima volta che visitavamo la cantina Mikunihare nella prefettura di Toyama. Può capitare in Giappone che il navigatore non sia molto d’aiuto e noi lo scoprimmo in quell’occasione. La nostra destinazione coincideva, per Google Maps, ad un cancello aperto su un piazzale deserto. Cinque alti capanni di legno nero erano disposti a ferro di cavallo a delimitare quel piazzale dove alcune tank di acciaio bianche indicavano che – forse – eravamo nel posto giusto. Quella era una cantina di sake e fin lì tutto bene… ma era la cantina che stavamo cercando? Eravamo perplessi di non trovare nessuno ad attenderci al nostro arrivo alla cantina – così come prevede il cerimoniale in Giappone-  parcheggiammo la macchina fuori dal cancello. Entrammo e appena arrivati al centro del piazzale, scorgemmo una signora dentro ad uno dei capanni, in mezzo a casse di bottiglie di vetro verdi, intenta a etichettare a mano alcune grandi bottiglie da un litro e otto, quasi due litri, di sake. “Buongiorno” cercammo di attirare l’attenzione “Avremmo appuntamento con il presidente per visitare la cantina Mikunihare… è questa la cantina Mikunihare, vero?” La signora sorpresa dal nostro arrivo, interruppe il suo lavoro, ci guardò ammutolita e alla fine ci disse: ” Si questa è la Mikunihare, benvenuti. Il presidente vi sta aspettando all’entrata, dall’altra parte! Scusate…ritorno subito…” E così dicendo si dileguò uscendo da una piccola porta in fondo al capanno.

Passarono pochi minuti e riapparve insieme ad un signore vestito casual sportivo con un cappellino da baseball e giubbotto blu. ” Buongiorno, sono Shingo Iwase, il presidente della cantina Mikunihare. Vi stavo aspettando all’ingresso della cantina!” “Ecco” pensai “Proprio un bell’inizio, tanto per presentarsi bene…” Ci scusammo per l’invasione. Era chiaro che il navigatore ci aveva portato sul retro facendoci saltare a piè pari tutte le formalità previste dal galateo sull’accoglienza degli ospiti. Per fortuna che Shingo Iwase non tenne conto delle formalità e anzi fu quasi divertito dall’imprevisto. Per non perdere altro tempo cominciò a presentarci la cantina dove, ci disse, la sua famiglia dal 1867 si occupava di produrre sake:  “La nostra cantina dista solo ottanta metri dal mare. Il mare qui è fondamentale così come lo sono le montagne che vedete là alle mie spalle.” La cantina Mikunihare trae dal mare il sapore salino dei suoi sake. “L’acqua che ricaviamo dalla sorgente che vedete là nel piazzale è molto importante per noi perché riesce a caratterizzare il sapore dei nostri sake. Anzi potremmo dire che i nostri sake hanno un loro gusto salino grazie a questa acqua che ricaviamo da una falda acquifera posta a centoventi metri sotto terra e che ci dona un’acqua che è dolce ed un po’ salmastre nei sapori. Questo fa sì che i sake che produciamo qui siano perfetti in abbinamento con il cibo a base di pesce e con le verdure“.

 

La cantina Mikunihare è una piccola cantina dove si può ancora respirare l’aria di famiglia. Alla produzione vi lavorano cinque persone e altrettante tra chi imbottiglia e sta negli uffici. Una piccola comunità che anima una cantina in cui il sake matura con un ritmo tranquillo e misurato. Il responsabile della produzione, il Toji – l’equivalente del nostro enologo -, è un ragazzo giovane che ha appreso la sua tecnica sul campo e non già sui libri. Il Toji dimostra giorno dopo giorno di impegnarsi con entusiasmo: come ogni empirico procede per tentativi ad inseguire la soluzione che ritiene migliore per produrre il sake. Come ogni empirico ha bisogno di un confronto con la teoria e Iwase, l’attuale proprietario, lo ascolta con l’atteggiamento benevolo del buon padre famiglia o, se preferite, di chi conosce già la soluzione in precedenza: la teoria se studiata con metodo a volte supera la prova empirica. E  Shingo Iwase è metodico: il sake lo ha studiato a scuola, all’università e all’istituto nazionale di ricerca e lo ha vissuto in cantina. “Iwase san ha il sake che scorre nelle vene” ci disse la moglie una volta. “E i suoi occhi ne devono avere letti di libri sul sake e viste di cose eccezionali del mondo del sake” aggiunsi io. Il padre di Iwase  lavorava in questa cantina fino a quindici anni fa quando poi ha passato il testimone a lui che in quella cantina è cresciuto tra le tank in fermentazione. La cantina di Mikunihare produce un sake giovane e fresco che sta riscuotendo in Giappone così come nei paesi in cui è esportato. I sake della cantina Mikunihare colpiscono per quello che potremo dire essere il loro elegante equilibrio. Sono piacevoli da bere i sake della Mikunihare e il loro abbinamento con piatti sapidi e marini oppure freschi e minerali, è tutt’altro che scontato. Correva l’anno 2014 ed era la prima volta che visitavamo la cantina Mikunihare e non sarebbe stata l’ultima.

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