Approfondimento

A cura di L. Marsigli

Quando si parla di sake è inevitabile sentir nominare il koji.

Cos’è il koji? Da dove deriva? A cosa serve?

Il koji ha una lunga storia. Fa parte della vita alimentare della popolazione giapponese da più di 2000 anni.

Catalogato in Europa per la prima volta nel 1729 dal botanico fiorentino Pier Antonio Micheli nel De nova plantarum, il koji appartiene alla famiglia Aspergillus, che comprende circa 200 muffe diverse.

muffa koji

Una della funzioni più importanti del koji è quella di trasformare l’amido in zuccheri semplici attraverso il lavoro degli enzimi, che creano le basi per consentire ai lieviti di produrre alcool durante la fermentazione.

In Giappone i koji più utilizzati sono tre: nero, bianco e giallo.

Il koji nero anche chiamato “aspergillus Awamori” viene usato principalmente per produrre distillati come lo shochu e l’awamori (bevanda giapponese originaria di Okinawa).

L’aspergillus kawachii o koji bianco,  fu scoperto nel 1923 come mutazione del koji nero e grazie alla facile coltivazione, oggi viene utilizzato per produrre la maggior parte degli shochu.

filamenti

Il koji serve solo per i distillati?

Questo quesito ci porta dritto ad uno dei protagonisti del sake: l’ aspergillus oryzae.

Conosciuto anche con il nome di koji giallo, l’aspergillus oryzae è la muffa impiegata per la fermentazione del sake, poiché produce enzimi molto forti che favoriscono la saccarificazione dell’amido.

L’entrata in scena del koji avviene in cantina. Il koji si produce all’interno di una stanza in legno di cedro o acciaio inox con temperatura e umidità controllata chiamata koji muro.

In questa fase della lavorazione, dopo esser stato cotto a vapore, il riso verrà cosparso con l’aspergillus oryzae fino a ricoprirlo interamente, permettendo al koji di iniziare il processo di saccarificazione.

Il koji nel sake incide in modo particolare sul gusto del sake: da più dolce a più secco.

Il koji nel sake è come l’amore nelle nostre vite: è quell’ingrediente che cambia la percezione delle cose, offrendoci gusti differenti. Senza il koji, il sake avrebbe un sapore diverso, anzi non esisterebbe.

E voi? Avete trovato il vostro koji?

Bio.

Lorenzo Marsigli, fiorentino doc., classe ’96.
Iscritto al corso di Laurea Triennale in Progettazione e gestione di eventi e imprese dell’arte e dello spettacolo.
Appassionato di viaggi e incuriosito da culture e tradizioni etniche, ama sperimentare nuovi sapori e profumi della cucina di tutto il mondo. Tra eventi e fiere a cui ha partecipato, scopre il sake giapponese e ne rimane inebriato.
Da lì inizia il suo cammino verso l’approfondimento dell’immensa storia del sake.
CONDIVIDI L'ARTICOLO