LE DUE ANIME DEL SAKE.

Approfondimento

A cura di G. Baldini

Ogni anno nelle 1168 cantine, diffuse a macchia d’olio nelle 47 prefetture in cui si suddivide il Giappone, si producono circa 400 mila kilolitri di sake tra sake ordinari o da tavola (64% della produzione) e Premium sake. Questi ultimi poi si suddividono a loro volta in otto categorie tra Junmai e Honjozo. 

Una varietà di sake ampia di gusti e di aromi che identificano un territorio, uno stile, una idea di sake o una sua interpretazione ad opera delle cantine locali. Più che parlare di “gusto del saketout court sarebbe più corretto parlare di gusti dei sake. 

IL SAKE FRUTTO DELLA TERRA E DELLA RICERCA.

Il sake – è nella sua natura – dilaga attraversando periodi storici e sopravvivendo con incredibile vitalità. In questi anni in Italia abbiamo imparato a conoscere il sake come espressione artigianale e tradizionale. Il sake come icona del Sol levante. Eppure il sake è anche il frutto della terra e di una ricerca che lo contestualizza nei secoli rendendolo contemporaneo. 

Gli agricoltori nelle risaie inondate di acqua da sempre si impegnano a coltivare il riso specifico per il sake. Gli agricoltori giapponesi modificano il territorio, leggono le stagioni e si fanno custodi dei segreti legati alla coltivazione del riso per il sake. 

I produttori di sake nelle cantine dedicano anima e corpo per creare dal riso un fermentato che risponda ai gusti di un’epoca. E’ un lavoro fisico ed intellettuale – di interpretazione e creazione – volto alla definizione di una area di gusto che sia coerente con i valori che la cantina tramanda di padre in figlio. E’ una ricerca che continua e si modula a seconda delle generazioni e dei tempi.

Gli agricoltori e i produttori contribuiscono a rendere contemporaneo il sake e messaggero di un sentimento che è stato prima religioso, poi aristocratico ed infine democratico.

Nei secoli abbiamo assistito ad una continua evoluzione del sake. Dai templi alla corte imperiale, dalla corte alle case aristocratiche fino alle trattorie dei villaggi il sake si fa interprete di un costume sociale. Il film Yojimbo del regista Kurosawa insegna.

IL SAKE HA UN'ANIMA ELITARIA ED UNA COMUNITARIA, CONTEMPORANEAMENTE.

I produttori di sake per rimanere al passo con i tempi ed offrire una loro interpretazione autentica di sake non hanno mai smesso di sperimentare e di perfezionare l’arte del sake. E’ merito dei produttori – che di padre in figlio si succedono alla guida delle cantine – se il sake ha saputo offrire nei secoli una miriade di gusti a seconda dell’occasione. Durante un matrimonio o un funerale, durante un rito di ringraziamento agli dei, un ricevimento ufficiale alla corte dell’imperatore o un momento di ristoro dalle fatiche quotidiane nel piccolo villaggio di campagna, il sake ha nutrito e cresciuto la sua anima, anzi, le sue due anime di bevanda aristocratica e nazional popolare allo stesso tempo. 

Dalla letteratura aulica delle dame di corte alle poesie dei dignitari, il sake si è spostato oggi nei fumetti-manga; dai templi alla corte imperiale e dagli izakaya, trattorie tradizionali, ai tachinomya, piccoli bar per una sosta veloce per i salary man di ritorno dal lavoro, fino ad alcuni raffinati sake bar di Tokyo e Osaka, il sake  continua a soddisfare oggi un sentimento aristocratico ed esclusivo oppure quotidiano, comunitario e nazional popolare. Viene scelto per un pranzo in famiglia, come da noi si fa con il vino, oppure lo si abbina con ricercati cibi dal sapore occidentale nelle atmosfere eleganti di ristoranti stellati. Dai raffinati sake bar ai supermercati o nei combini store, aperti ventiquattro ore su ventiquattro, il sake mantiene i suoi gusti vitali e contemporanei.

L’evoluzione nei gusti del sake ha visto crescere il lato più raffinato del riso come bevanda. Il sake oggi soddisfa alti livelli di qualità. Come è successo nel vino in cui si è assistito ad una trasformazione verso gusti sempre più ricercati, così  è accaduto negli ultimi quarant’anni anche per il sake. Una vena di fragrante modernità si è innestata nel mondo del sake contribuendo a rendere più fini e selezionati gli stili di produzione di questa bevanda millenaria sia che si tratti di premium sake che di sake ordinari o da tavola.

Guardando al mondo del sake, il fermentato di riso ha senz’altro intrapreso una trasformazione qualitativa volta a renderne alcuni stili esclusivi. Da qui nascono le categorie di premium sake create e regolamentate negli anni novanta e da qui nasce l’ancor più recente movimento legato alle indicazioni geografiche tipiche del sake. E questo in totale coerenza con le sue nobili origini. 

Eppure il sake ha voluto rimanere contemporaneo anche nella sua versione ordinaria, quotidiana. In fin dei conti, entrambe le dimensioni, quella aristocratica/elitaria e quella democratica/comunitaria, fanno parte della sua storia. Ed entrambe hanno sviluppato aree di gusto differenti che devono essere vissute da chi intraprende la via del sake.

E se per individuare una selezione esclusiva di sake può essere abbastanza intuitivo lasciandosi guidare dal prezzo – elevato – o dalle numerose fonti oramai disponibili – internet aiuta-, potrebbe non essere altrettanto semplice se volessimo individuare un sake nella sua veste agile, di bevuta da tutti i giorni. Se volessimo, cioè, oggi avvicinarci ad una interpretazione più quotidiana del sake senza prescindere dalla qualità Made in Japan ? Da dove cominciare ?

ONE CUP: IL SAKE POP.

Chi è stato in Giappone, prima di tornare in patria, alla ricerca di un souvenir enogastronomico, sarà di certo capitato di vedere le One Cup sugli scaffali dei supermercati. E magari l’ignaro turista se ne è pure infilato un paio in valigia pensando di portarsi a casa un prodotto nuovo e appena uscito, “ la novità del momento in Giappone”… 

Le One cup, barattoli di vetro contenenti 180ml di limpido sake, nascono in realtà nel 1964 da una idea semplice per accontentare una esigenza di tutti i giorni. I pendolari giapponesi si spostavano nell’efficienza dei treni consumando i bento box comprati nei chioschi alle stazioni: perché non permettere loro di degustare un buon sake e concedersi una pausa pranzo piacevole cullati dal ritmo del treno?

La One Cup ci porta a considerare l’attenzione di un produttore di sake rivolta al quotidiano nel modo giapponese di fare le cose: ogni dettaglio deve essere curato per garantire una esperienza il cui prezzo non deve pregiudicarne la qualità.

Le One cup sono sbarazzine, vivaci e ad uso quotidiano senza trascurare un concetto fondamentale: i prodotti economici – almeno quelli made in Japan – nella loro funzione di “essere alla portata di tutti”, devono sempre rispettare uno standard di qualità tale da soddisfare lo spirito critico degli attenti consumatori giapponesi.

Il tappo è doppio per usare la One Cup come bicchiere: il contatto con le labbra deve essere igienico, salvaguardato e morbido. Il barattolo, in vetro, è ecologico (pensavano già sessant’anni fa in Giappone…) La trasparenza del vetro permette di vederne il contenuto. Gli ingredienti devono essere riso, acqua e lieviti, insomma quelli del sake. Il sake delle One Cup Junmai ha un sapore morbido, croccante, sapido e con un finale corto che lascia piacevolmente sorpresi. E’ un sake da tutto pasto, nasce per mangiarci insieme in un picnic, al barbecue oppure nelle giornate di inverno mentre davanti al mare in burrasca si pesca a riva sui moli del porticciolo e ci si vuole scaldare con un po’ di sake. Sì perché si possono apprezzare fredde d’estate e calde di inverno.

 Le One Cup, con sessant’anni di storia sulle spalle, hanno mantenuto standard di produzione elevati e affinato un sake che fin dalle origini vuole raccontare l’evoluzione dell’altra anima, quella popolare, democratica e comunitaria del fermentato di riso. A partire dagli anni sessanta le One Cup diventano icone di un’anima Pop del sake senza tradire la tradizione, anzi, vivacizzando una versione contemporanea del sake tanto da approdare ai giorni nostri ed essere intesa ancora come una novità, in Italia almeno.

I sake Premium e quelli ordinari sono le due anime del sake giapponese e a loro volta si compongono di molte sfumature di gusti e accontentano diverse occasioni di degustazione: dalle raffinate serate di gala alla leggerezza del tran tran quotidiano. C’è un sake per ogni gusto o, se preferite, ogni gusto è nei sake. A voi la scelta.

GIOVANNI BALDINI sake

Bio.

Giovanni Baldini dal 2014 collabora con le cantine giapponesi nell’attività di promozione per una corretta conoscenza del sake. Laureato in Giurisprudenza, fotografo e manager per professione, è diventato imprenditore per passione. Scopre e importa sake artigianali da piccole cantine nelle campagne o in sobborghi del Giappone dove viaggia dal 2004. Spinto da questa forte motivazione per il sake e per il suo mondo, ha fondato la prima Scuola Italiana Sake, dove svolgerà la sua attività di formazione a Firenze quando non sarà in Giappone a lavorare come operaio in cantina a produrre sake. Questo blog raccoglie informazioni, notizie sempre aggiornate e le esperienze che animano il mondo del sake.

CONDIVIDI L'ARTICOLO