MABOROSHI NO TAKI JUNMAI GINJO

UN JUNMAI GINJO ROTONDO IN PERFETTO EQUILIBRIO.

Approfondimento

A cura di G. Cataldo

Ad appena ottanta metri dal mare sorge la cantina Mikunihare Shuzo, precisamente a Kurobe, una cittadina di circa 42 mila abitanti situata nella prefettura di Toyama sull’isola di Honshū.

Kurobe si trova nella parte orientale della baia di Toyama, è bagnata dal Mar del Giappone ed è incastonata tra il paesaggio marittimo e quello delle Alpi Giapponesi; bastano poco più di due ore e mezza da Tokio col treno proiettile Hokuriku per raggiungere questa località piena di fascino, protagonista di traffici commerciali fin dall’antichità e di eventi storici importantissimi sia durante il periodo Sengoku che il periodo Edo; infatti tra le principali attrattive meritano menzione la maestosità del Kurobe Gorge, il canyon più profondo del Giappone, attraversato dal fiume Kurobe, lungo il quale è possibile raggiungere il “Tateyama Kurobe alpen route”, un percorso impervio dal grande fascino naturalistico scavato tra le montagne al termine del quale, a 2450 metri di altitudine, è possibile ammirare la diga di Kurobe ed il lago che da essa ha avuto origine, raggiungibile più comodamente anche in funivia; inoltre è possibile immergersi nelle calde acque termali di Unazuki Onsen, oppure godere della famosissima cucina di mare tipica di Kurobe, molto apprezzata da tutti i buongustai del Sol Levante: si pensi che delle 800 varietà ittiche presenti in questi mari ben 500 vivono nelle acque e nei fondali locali, come ad esempio lo shira ebi, il rinomatissimo gambero bianco locale molto apprezzato dagli intenditori, soprattutto se gustato appena pescato sia crudo che in tempura.

La cantina Mikunihare: il sake si produce in famiglia.

Shingo Iwase detiene le redini della sakagura Mikunihare Shuzo ed è membro di una famiglia che produce sake sin dal 1867; chi lo conosce bene sostiene che gli scorra il sake nelle vene ed in effetti ha trascorso lunghissimi anni a studiare il fermentato giapponese sotto ogni suo singolo aspetto storico, produttivo e di marketing. La cantina di cui è presidente e che gestisce con assertività ed attenzione per il dettaglio, lasciando spazio ai suoi collaboratori di ricercare soluzioni e pervenire a conclusioni ottimali, spesso le stesse che la sua esperienza avrebbe potuto dettare, ha fama di produrre nihonshu marini per il loro tipico carattere salino: non a caso, è proprio l’acqua che attingono alla fonte nel loro piazzale ad essere utilizzata per fare il sake a conferire una certa tipicità, essendo essa dolce e salmastra al tempo stesso.

UN JUNMAI GINJO CHE SCATENA UNA BEVA COMPULSIVA.

Il Maboroshi No Taki Junmai Ginjo è fatto con riso Oyamanishiki, una variazione ibrida dello Miyamanishiki con un chicco dallo shinpaku molto pronunciato e dal rapido assorbimento dell’acqua, levigato fino al 60%; questo nihonshu possiede una densità in SMV pari a +3, si presenta con un colore pressoché trasparente e profumi di banana matura, mela verde, melone cantalupo, riso al vapore ed uno sprazzo di gelsomino; al sorso è tondo, conferma le note olfattive precedentemente percepite alle quali si aggiunge una nota lievissima tra il sake kazu e la crema pasticcera. Si evince un lavoro chirurgico sui lieviti senza il quale la nota cerealicola di riso sarebbe stata seppellita da profumi più facili ed ammalianti, mentre qui il fattore junmai e ginjo sembrano prendere un percorso separato per poi ricongiungersi al naso con un’intensità e complessità calibrata, mai trabordanti, mentre al gusto si materializza in una fusione tra l’elegante morbidezza, la piacevole freschezza e la nota sapida che, sottilmente ammandorlata, chiudono in perfetto equilibrio. Insomma un sake per niente stucchevole o noioso che bevuto a bassa temperatura invita ad una beva compulsiva, tanto è insospettabile immaginare ai suoi 15° alcolici. Inoltre, la volontà di essere essenziale nel percorso del produttore la si evince anche da una forte coerenza tra il fermentato e la sua veste, vista l’evoluzione dell’etichetta e della bottiglia, oggi espressione stilistica che si spoglia del superfluo per diventare immediata e raffinata nella ricercata semplicità del Maboroshi No Taki, facilissimo da bere ma per niente semplice a farsi.

ABBINAMENTI POSSIBILI.

Bevuto ben freddo si presta benissimo ad abbinamenti con i fiori di zucca in pastella ripieni di ricotta, con le polpette di baccalà, con degli gnocchetti sardi con zucchine e gamberi e l’impepata di cozze, ma se volete osare per assaporare un contrasto e scorgere altre sfumature di questo sake provatelo col melone cantalupo.

Bio.

Gaetano Cataldo. Salernitano, classe del ’74, enogastronomo. Una vita professionale vissuta in parallelo tra passioni liquide: il Vino e il Mare. Gaetano ha conseguito il titolo di ufficiale di navigazione girando il mondo in lungo ed in largo su cargo, velieri e luxury yacht ma ha anche militato giovanissimo nella ristorazione prima in Italia, poi in Repubblica Dominicana, quindi a bordo di navi da crociera. Sommelier professionista di scuola Ais e Degustatore Tecnico di Salumi, ha conseguito un Master professionale in Food & Beverage Management, si occupa di consulenze, formazione e comunicazione per Cantine e Ristoranti, ha scritto per Vitae e continua a farlo per Onas Review e Mediterranea Online, la sua rivista del cuore nonché media partner unico in Italia per il Concorso Mondiale di Bruxelles. Da quando è diventato Sake Sommelier giura che Dioniso è stato anche in Giappone.

CONDIVIDI L'ARTICOLO