Vi presento Tommaso Mauro.
Racconto
A cura di G. Baldini
Tommaso Mauro, generoso ed esperto bartender abruzzese, ripercorre la sua strada alla scoperta del sake. Durante i lunghi giorni di lavoro ha avuto molte occasioni di scambio di opinioni e di riflessioni intorno al sake giapponese e le sue possibilità nella miscelazione. Qui trovate l’articolo dove è lui stesso che si racconta e ci racconta come abbia incontrato il sake giapponese e quali ispirazioni ne abbia tratto miscelandolo con la sua vissuta professionalità.
Le ispirazioni nascono in famiglia.
Vorrei qui condividere con voi il mio punto di vista sul Sake e sopratutto dell’utilizzo che ne faccio in miscelazione. Prima però di addentrarmi nell’argomento permettetemi di fare una piccola presentazione di ciò che mi ha portato a conoscere il Sake e ad utilizzarlo in tutte le sue declinazioni.
Sono nato in una famiglia di ristoratori dei primissimi anni del 900 e ancora oggi abbiamo l’attività di famiglia (La Grotta del Cavallone) in Abruzzo , sono 5 generazioni! Io sono nato negli anni ’80, anni in cui la cucina iniziava a guardare in alto, a sperimentare nuove soluzioni e tecnologie, i protagonisti ovvero i “Cuochi“ erano ben radicati nella cultura storica e territoriale. La banchettistica era sfarzosa e l’impiattamento attento si perfezionava con ornamenti vegetali, sculture di burro, porzioni abbondanti, pietanze saporite e presentazioni di cotture in pompa magna.
A me tutto questo affascinava tantissimo fin da bambino e quando rientravo da scuola andavo subito da quei – ai miei occhi – “Giganteschi” Cuochi per guardarli lavorare. Tante ore di lavoro, tanto impegno, tante urla e poi la classica frase magica che aspettavo con impazienza: “Assaggia e dimmi com’è! Wow!” Il gigante diventava buono e dolce.
Nel corso degli anni il nostro mondo è cambiato eppure quella passione è rimasta dentro di me vitale e viva come in quei giorni, anzi, di più! Appena mi sono diplomato sono andato subito a fare la stagione estiva in Emilia-Romagna e li è successo qualcosa…

Sul litorale emiliano ho conosciuto una realtà diversa, c’erano tantissimi turisti che spendevano delle somme importanti e esigevano dei servizi altrettanto importanti ed ho realizzato che un’attività per essere davvero funzionale e per essere ricordata deve lavorare in sinergia tra tutti i settori: dalla cucina al bar, dalla sala all’accoglienza, dal magazzino alle pulizie. Insomma se tutto funziona il risultato è straordinario.
In quel 1999 ho conosciuto un Maitre e, alla mia seconda stagione, nel 2000, ho provato l’esperienza di sala-bar e ne sono rimasto entusiasta. La cosa più bella era il contatto con il pubblico, amavo spiegare cosa stavo servendo e ovviamente avendo delle ottime basi di cucina, direi che riuscivo molto bene a trasmettere la passione che c’era dietro.
Nel prestare servizio al bar ho ritrovato la costruzione delle ricette, l’essere preciso nella realizzazione, nei bilanciamenti, piuttosto che nelle tecniche e nell’estro che potevo esprimere nel comporre i cocktail. E poi – cosa molto importante per me – avevo la possibilità di guardare l’espressione del cliente dopo che aveva sorseggiato ciò che tu avevi preparato. Praticamente creare i cocktail era come comporre una ricetta con tutte le sue declinazioni come in cucina, un servizio ed una presentazione come in sala e l’approccio diretto nel realizzare tutto per il cliente che era seduto al tuo banco: era un palcoscenico dove veniva realizzata un’opera per un pubblico venuto a posta per guardare tutto ciò!
Meraviglioso!
In quel periodo ho capito che il bar racchiudeva tecnica, stile, ricerca, estro, attitudine, savoir-faire, gentilezza e accoglienza, praticamente tutto ciò che amavo!

Studio e passione: non mi sono mai fermato ed ho incontrato il sake!
Ho continuato a studiare e ricercare personaggi per i quali valeva la pena spostarsi e sacrificarsi per sentire cosa avevano da raccontare e quali erano le loro storie ed esperienze. Ammetto che non è stato facile: per diversi anni non ho avuto giorni liberi e soldi in tasca perché appena avevo un giorno e qualche euro salivo su un treno per andare a studiare da qualche parte. E’ così che mi sono appassionato al Cocktail-Pairing dove ho individuato il mio stile, proprio per la fusione che c’è tra bar e cucina.
Nel 2015 ho studiato il Sake o meglio in Nihon-shu diventando Sake sommelier, questo percorso mi ha aperto la visione su un mondo che conoscevo poco: il Giappone!
Un popolo fatto di storia, territorio, cultura e costumi che mi ha affascinato e colpito da subito.
Ho quindi iniziato a studiare il sake pairing (tecniche di abbinamento con le pietanze, ndr) con cibo italiano e internazionale, poi ho iniziato a utilizzare il sake in miscelazione ed ho scoperto di avere un asso nella manica! Si! Proprio così..
Quando creo un drink o in twist di un drink già esistente molte volte parto dal piatto e lo trasformo in drink creando un Cocktail – Pairing per connubio o per contrasto.
Per esempio parto dalla destrutturazione di un piatto, analizzo tutti gli aspetti che lo compongono, la dolcezza, la sapidità, l’acidità, l’amarezza, l’untuosità, la persistenza, la parte lattica ecc, per poi ricreare tutti questi aspetti in forma liquida e quando è necessario lavoro con tecniche home-made ed engineering.
Quando ho scoperto il Sake mi sono sentito come Luis Armstrong nel 21 luglio del ’69! Ho messo piede sulla Luna!
Si perché il Sake ha una versatilità eccezionale, ci sono tantissimi tipi di Sake, crudi, pastorizzati, invecchiati, torbidi, morbidi, secchi, fruttati, acidi, frizzanti…e ogni tipo di sake risponde in modo diverso nel drink.
Uso dei Sake Honjozo o Karakuchi al posto di Vermouth Dry per dei Samurai Martini, dei Sake koshu per sostituire dei Vermouth Rossi, dei Sake Taruzake Genshu al posto di un whisky per fare dei Manhattan o Highball, o aggiungo semplicemente una parte di Sake Junmai a dei gin molto fruttati o botanici per aumentare la loro persistenza e aromatica e qui mi inchino al Sake. Si, perché la cosa più affascinante di questa bevanda è proprio la straordinaria persistenza ed esaltazione che riesce a conferire a tutto ciò che lo circonda!
Quindi consiglio a tutti di fare questa esperienza che si chiama Sake in modo da godere più a lungo ciò che ci piace e riscoprire magari “i soliti” cocktail in una nuova chiave più originale e …perché no?…orientale!
Kanpai & Heart-Made!





Bio.
Tommaso Mauro, instancabile bartender, ma non solo. Food and Beverage Manager, Sake Sommelier, Mixologist e ChefBartender.
Attento alla selezione dei prodotti cerca di adottare soluzioni originali e coerenti con i nuovi concept della ristorazione. Affianca le attività ristorative con consulenze per la ottimizzazione dei processi e la creazione di cocktail menu e la presentazioni dei prodotti. Cura l’Hand-Made dei prodotti liquidi e solidi e organizza eventi Food and Beverage anche per la valorizzazione del suo territorio. Cultore appassionato delle pinte aromatiche e officinali.