FREDDO, CALDO O TEMPERATURA AMBIENTE??
Approfondimento
A cura di V. Hinna Danesi
Molti sono stati in passato i fraintendimenti sul sake giapponese “ancorati” e sedimentati nel mercato consumer europeo tanto da creare delle bad practices diffuse che ancor oggi tardano a scomparire ed impediscono a questo fermentato di essere apprezzato nella sua nuova veste contemporanea e nella qualità affinata nelle ultime decadi.
Per elencare tutti gli errori sul sake potremo riassumerli con una frase che potrebbe rappresentare il ” ritratto di Dorian Gray del sake” e che potrebbe suonare così: “Il sake è un distillato, come una specie di grappa giapponese, con una alta gradazione alcolica, che deve essere bevuto caldo, a fine pasto, come dessert, sa di alcol e di niente altro, ti fa digerire “. Un po’ come credere che il vino rosso si debba sempre bere come il vin brûlé…
L’autrice dell’articolo si sofferma sull’importanza delle temperature di servizio del sake e illustra una prima guida per orientare chi si trovi a doverlo gestire al ristorante come a casa: perché se è vero che il sake si possa bere “ANCHE” caldo, non è detto che questa sia una regola irrinunciabile…
La temperatura di servizio di una bevanda è uno degli aspetti di maggiore criticità attraverso cui se ne può tanto valorizzare quanto pregiudicare le caratteristiche al punto da non rendergliene giustizia e non creare, cioè, quella esperienza positiva nella degustazione o nell’abbinamento.
Non fa eccezione in questo il sake, bevanda alcolica che è già stata in passato vittima di fraintendimenti o falsi dogmi. Non è raro, a questo proposito, l’adagio che vuole il sake servito come una specie di tisana bollente, a temperature inconcepibili e che sviliscono tutta la complessità armonica di cui invece è dotato.
Capire quindi la corretta temperatura a cui servire il sake è dunque cruciale.
A OGNI SAKE LA SUA TEMPERATURA.
Intendiamoci fin da subito, non esiste una risposta univoca alla domanda “ a che temperatura va servito il sake?”
Sarebbe più corretto domandarsi in via preliminare: “ che sake sto servendo?”
È proprio questo infatti il clou della questione. Per un corretto servizio necessitiamo di conoscere quantomeno quelle che sono le tipologie di sake e, ovviamente, vale la pena sempre prestare attenzione alle indicazioni di servizio che, seppur non sia obbligatorio per legge, spesso sono descritte o suggerite in etichetta. E sarebbe auspicabile che questa informazione fosse sempre evidenziata anche nella etichetta in italiano.

Tornando alla questione della tipologia correlata alla temperatura di servizio, abbiamo dei sake non pastorizzati, dalle note profumate e dai sapori piacevolmente spigolosi che richiedono necessariamente una temperatura di 6 – 8 gradi (e comunque non inferiore ai 5).
Se poi passiamo ai sake pastorizzati (il 99% dei sake presenti in Italia), quelli appartenenti alle categorie rispettivamente Junmai Daiginjo e Daiginjo piuttosto che Junmai Ginjo e Ginjo, essendo dotati di una pronunciata aromaticità tendente al frutto e al floreale, accompagnata da una grande eleganza alla beva, richiedono una temperatura di servizio che esalti l’esperienza gustolfattiva di questa complessità e, come accade per i vini bianchi, ne valorizzi a contrasto le durezze delle acidità, orientandoci appunto su una temperatura di 8 – 10 gradi.
I Junmaishu ed i Tokubetsu Junmai , dall’altra, sono sake caratterizzati tendenzialmente da un certo spessore, con tonalità aromatiche cerealitiche e lattiche che difficilmente risulterebbero apprezzabili a basse temperature, anzi forse addirittura sarebbero poco percepibili nella loro armonia basata spesso sull’umani e la tendenza sapida. Per questo sarebbe consigliato muoversi in un range di temperatura che ben può prevedere una punta di freschezza in partenza per poi declinare sulla temperatura ambiente ed infine ben sostenere un range tra i 40 – 45 gradi centigradi, per spingere fino e non oltre i 55 gradi.

Avendo adesso a mente questa, rapidissima , disamina sulle tipologie di sake ci accorgiamo che se non esiste una risposta univoca sulla temperatura di servizio, al contrario ne esiste una sulla temperatura di servizio massima, la soglia dei 55 gradi oltre cui anche grandi sake invecchiati vengono penalizzati , figurarsi i più giovani, freschi e magari fruttati…
Oltre questa soglia, infatti, si darebbe origine ad una ulteriore, inutile e deprecabile pastorizzazione con l’evaporazione dell’alcol che a sua volta comporterebbe una scarsa piacevolezza e la dissoluzione di tutto il bouquet aromatico del sake.
Ci riserviamo in articoli futuri di soffermarci anche su altri aspetti del servizio del sake come l’acidità e il tenore alcolico della bevanda, l’accompagnamento al cibo e alla concordanza di temperature solo per citare alcune anticipazioni. Come abbiamo visto, “sake” è una categoria vastissima di prodotti con una loro storia che si perde nel tempo e nella tradizione, per ora limitiamoci a berlo bene con consapevolezza, rispetto e, soprattutto, alla giusta temperatura.


Bio.
Da anni sono impegnata nel mio percorso di formazione come Responsabile di sala e Head Sommelier. Ci sono diverse esperienze significative che mi hanno permesso di crescere profondamente: la prima al fianco di Davide Patruno, Restaurant Manager del Ristorante Orsone, della famiglia Bastianich; poi uno stage formativo al fianco di Matteo Zappile, Restaurant Manager del Ristorante Il Pagliaccio**, a Roma, dove ho capito che volevo essere più completa nella formazione. Successivamente, l’esperienza in Borgo Santo Pietro*, al fianco di Andrea Salvatori (Restaurant Manager) e Marcello Corradi (Head Sommelier), mi ha permesso, grazie alla profondità e allo spessore della cantina, di consolidare e ampliare la mia conoscenza. Ancora il nuovo progetto di Filippo di Bartola, il Ristorante MUD, curando le due cantine dei due locali e concept sviluppati dallo stesso Filippo Di Bartola, e dove ho cominciato a muovere i primi passi anche come Responsabile di Sala. Non meno importante, lo stage formativo a El Celler de Can Roca***, al fianco di Josep Roca. Proprio questa esperienza a Girona mi ha cambiato completamente la consapevolezza della Sala in quanto tale. Attualmente sono impegnata al fianco di Patrick Nagler, come Sommelier e Maitre in AlpiNN – Food Space & Restaurant, ristorante ideato e creato dallo Chef Norbert Niederkofler a 2275 m di quota.