SAKE GIAPPONESE: ISTRUZIONI PER L’USO.

SAKE GIAPPONESE: TRA MISTERO E CONFUSIONE, COME PRESENTARLO?

Approfondimento

A cura di S. Mecocci

L'esperienza insegna.

Il sake giapponese è un qualcosa di cui sempre più spesso sentiamo parlare ed in cui ci imbattiamo. Ancora avvolto da un alone di mistero, è in grado di stregare e stupire chi decide di scoprirlo e conoscerlo. Ma andiamo con ordine.

Il sake ha iniziato a fare capolino nel belpaese nel momento in cui i ristoranti etnici che proponevano cucina cinese prima e giapponese poi, hanno iniziato a far sentire la loro presenza. Il pubblico, per la prima volta ha avuto modo di approcciarsi al sake, ma come lo ha conosciuto? Bisogna dire che c’è stata e continua ad esserci un po’ di confusione al riguardo: per alcuni un distillato, per altri un liquore, per altri ancora una bevanda calda da fine pasto, quasi tutti ignorano la vera natura di questo prodotto dalle mille sfaccettature e dall’innata eleganza. Il sake è infatti un fermentato di riso. Nella mia esperienza, poi, ho notato che, se presentato come un “vino di riso” l’approccio degli ospiti cambia, la curiosità si accende ed il timore svanisce. Ecco che allora il sake non appare più come un qualcosa di misterioso, ma come una piacevole novità. Durante la mia esperienza ho avuto modo di servire sake a molti ospiti, ricevendo feedback diversi che mi hanno permesso di capire come introdurre il sake a chi non lo aveva mai provato.

Conoscere.

E’ chiaro che proporre qualcosa voglia dire sapere cosa stiamo presentando. Sembra scontato ma non lo è. Il sake è un prodotto complesso dalle mille sfaccettature: basti pensare alle tante tipologie diverse, le zone di produzione, i metodi, la materia prima, le modalità di consumo. Sarebbe estremamente riduttivo “fare di tutta un’erba un fascio” limitandosi a servire del “vino di riso”. Il sake è sicuramente un prodotto diverso da molte delle bevande a cui siamo abituati e non è assolutamente qualcosa di banale.

Conoscerne le caratteristiche, non solo produttive, ci aiuterà a poter consigliare il giusto sake per il giusto ospite, costruendo una esperienza positiva e dandoci la possibilità di far conoscere un qualcosa di nuovo che ha tutte le carte in regola per poter trovare il suo posto anche al di fuori dei ristoranti asiatici. Oggi giorno si trovano un sacco di informazioni on line ma a mio avviso la cosa migliore è parlare con chi lo conosce davvero, chi ha visitato e visita le cantine per la selezione, chi lo studia ma soprattutto chi lo apprezza. Nondimeno sarà necessario avere un’idea chiara del profilo organolettico, quindi il mio consiglio è di assaggiarne diversi, in diverse situazioni, in diversi contesti e con diverse persone.

Servire il sake può essere originale e interessante. Se infatti siamo stati abituati a vederlo servire caldo nelle tipiche boccette di ceramica, è vero che non è l’unico modo di proporlo e soprattutto non adatto per tutti i sake. Il primo step quindi, è far chiarezza eliminando e smentendo false verità. Fate caso a cosa vi viene chiesto da un ospite quando parlate di sake, le domande più frequenti sono “Ma è il liquore di riso?”, “Quello che si beve caldo?”, “Ma non è troppo forte?”. E’ chiaro che queste domande dimostrano quanta confusione ci sia sul sake e quanto poco si sappia al riguardo, almeno in Italia. Gli ospiti stranieri, soprattutto quelli provenienti dagli Stati Uniti, hanno spesso già avuto modo di approcciarsi al sake, sia in miscelazione che non. Sono spesso già abituati a consumarlo ed è più facile che lo chiedano se lo vedono in carta e che non si stupiscano trovandolo nella ricetta di un cocktail. Quello che può aiutarci nel servirlo a dei connazionali è il nostro legame con il mondo dell’enologia. Bisogna quindi fare molta chiarezza sulla natura del sake e far capire bene che cos’è magari avvicinandolo al vino. Per i neofiti risulterà più facile provarlo non essendo una esperienza troppo diversa dall’assaggiare un vino che non conosciamo.

Servizio

Quindi come servirlo? Sicuramente il servizio composto dalla tradizionale bottiglia di ceramica accompagnata dai bicchierini aiuterà a calarsi nella giusta atmosfera anche se talvolta può non rappresentare il metodo più efficace. La ceramica, infatti, è molto utilizzata in fase di degustazione perché tende a non alterare il prodotto: in pratica è come se non avesse evoluzione una volta uscito dalla bottiglia; tenderà quindi a far si che il sake resti “chiuso”. Diventa però necessaria laddove il sake servito sia caldo. Il calice invece permette al sake di aprirsi, respirare ed esprimere tutte quelle caratteristiche aromatiche che hanno bisogno di ossigenazione.

Da non trascurare neanche l’approccio pratico/visivo: il calice è un qualcosa che conosciamo e che siamo naturalmente portati ad associare ad un fermentato, ad un vino. E’ facile capire come possa togliere ogni tipo di imbarazzo in chi lo assaggia per la prima volta. Va da se che se un ospite preferisce il servizio in ceramica, non gli sarà certo negato. Discorso diverso per quanto riguarda l’utilizzo del sake in miscelazione: in questo caso la scelta del bicchiere o metodo di servizio seguirà il concept legato al cocktail. Per quanto riguarda la temperatura: ogni sake è diverso e cambierà sensibilmente al variare della temperatura. Non tutti i sake sono adatti ad essere serviti freddi ed allo stesso modo non tutti si possono bere caldi. Esistono dei prodotti che supportano bene sia le temperature fredde che quelle calde ma in ogni caso, è bene sincerarsi della cosa prima di proporre o suggerire un sake piuttosto che un altro. Il sake è un prodotto incredibilmente valido e versatile ma ancora avvolto da un po’ di mistero che può portare alcuni ospiti ad essere un po’ diffidenti. Per proporlo e farlo conoscere non basterà far vedere una bottiglia e raccontare cosa sia: spesso sarà necessario, anche al fine di invogliare e rompere ogni indugio, far assaggiare il prodotto al di la che venga poi ordinato o meno. Ritengo che il sake sia un prodotto su cui investire e che si presti ad essere lavorato a bottiglia e soprattutto a mescita, metodo necessario a far si che possa essere conosciuto ed apprezzato.

Contesto

Lavorare in un locale che ha un’identità vicina per natura alla cultura asiatica aiuterà molto, portando gli ospiti ad essere più inclini a scegliere un qualcosa di contestualizzato. Tuttavia, la versatilità del sake gli conferisce la capacità di adattarsi potendo, così, essere protagonista non solo di una cena ma anche di un aperitivo. Soprattutto in questo caso, il sake trova enorme spazio: laddove un calice di vino o bollicine non sia gradito ed il cocktail troppo impegnativo, ecco che il sake diventa un interessante ed intrigante alternativa dando la possibilità di gustare qualcosa di diverso e sicuramente non banale. Continuando a parlare di aperitivo, il sake diventa un valido alleato anche in miscelazione permettendoci di creare cocktail freschi e dal volume alcolico contenuto. Il sentore di umami presente in tutti i sake, aiuterà ad esaltare gli aromi del nostro drink aggiungendo note floreari, di frutta o fungine (a seconda del sake utilizzato) e nonostante la delicatezza intrinseca, non si perderà nel mix finale come si crederebbe. Un prodotto capace di dare ad un cocktail quel qualcosa in più senza essere invadente o troppo impegnativo.

sake mixology

Bio

Appassionato di food&beverage, ho iniziato giovanissimo come ragazzo tuttofare: dalla cucina, attraverso la sala, sono arrivato ben presto dietro il banco, il posto dove volevo stare. Da sempre attratto dal luccicare delle bottiglie e dal suono degli shaker, ho iniziato il lungo percorso per diventare bartender. La dura gavetta, lo studio e la grande passione mi hanno portato a lavorare in diverse realtà fiorentine, spinto dalla voglia di migliorarmi, di crescere e di condividere le mie conoscenze. Lavorando per migliorare come professionista, offro sempre il massimo, mettendomi volentieri in discussione traendo insegnamento dai successi e dagli insuccessi che riesco ad ottenere.

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