YOSHIDA, SAKE POTERE ROSA.

UNA RAGAZZA DALLE IDEE CHIARE.

Intervista

A cura di G. BALDINI

Nel febbraio del 2017 andai a trovare un mio conterraneo, toscano e fiorentino come me, che lavora in una cantina della prefettura di Fukui. Per l’indomani aveva organizzato un giro per alcune tra le più importanti cantine della prefettura e fra queste mi presentò la cantina Yoshida a dirigere la quale si trovavano, allora come oggi, la madre e le due figlie: una cantina espressione del potere rosa dal carattere deciso con una visione chiara sul futuro da dare a quel patrimonio storico, fatto di macchinari e competenze per la produzione del sake locale, che avevano ereditato dal padre purtroppo scomparso prematuramente. Nel febbraio del 2019 tornai a trovarle e con mia grande sopresa Mako Yoshida a soli 26 anni aveva preso in mano le redini della produzione diventando la Toji più giovane del Giappone.

Mako Yoshida, la più giovane Toji del Giappone.

A prima vista, il mondo del sake giapponese può apparire tradizionalista e ultra conservatore. A prima vista. E di certo nella sua ampia complessità un filone di tradizionalismo lo si può di sicuro rintracciare, foss’anche solo nei simboli e nei riti che ancora costellano alcuni momenti della produzione del sake. Eppure oggi bisogna prendere nota di alcune aperture che si affacciano in modo sempre più stabile nelle cantine tanto da infonderne – ne siamo convinti – nuova linfa vitale. Come ad esempio, essere una giovane ragazza, poco più che ventenne, ed assumere la qualifica di Toji, di responsabile dell’intera produzione, all’interno di una cantina secolare. E non deve ingannarci il fatto che questa scelta possa assumere un sapore di riscatto e di giusta legittimazione del gentil sesso in un mondo – quello del sake – a prevalenza maschile. Tutt’altro: qui la scelta compiuta ha il mark indelebile ed energico del farsi carico di una continuità che  di padre passerà – per questa volta – in figlia.

Incontrai Mako Yoshida dopo aver visto una interessante filmato per la tv americana venuta fino a Fukui per documentare la giornata di una Toji in una cantina di sake e di sentire dalla sua voce cosa significa oggi essere a capo di un manipolo di operai che in cantina lavorano fianco a fianco. Quella che segue è una intervista alla giovane Toji.

Come hai fatto a diventare Toji? Quali studi hai dovuto affrontare?

Se guardo al percorso di studi che ho intrapreso per diventare Toji direi che la parte più importante sono state le esperienze che ho fatto direttamente in cantina. Di solito il percorso consclassico e consigliato per una professione impegnativa come quella del Toji prevede di andare a studiare all’Università di agraria di Tokyo. Io invece ho deciso di rimboccarmi le maniche e di confrontarmi con alcune persone che si sono fatte carico della mia educazione. Primo fra tutti, mi ha affiancato il Toji che lavora qui nella nostra cantina e che è al nostro fianco da due generazioni. Poi ho deciso di andare a seguire un corso di formazione al famoso istituto di ricerca sui prodotti fermentati di Hiroshima (National Research Institute of Brewing, NRIB). Una volta portato a termine il corso, invece di tornare qui a Fukui, ho deciso di andare in Hokkaido, in una cantina dove ho imparato a produrre il sake con un Toji molto conosciuto, il sig. Kawabata della cantina Kamikawa Taisetsu. Alla fine da quest’anno sono tornata a produrre il nostro sake.

Quale qualità è necessaria per arrivare ad essere un buon Toji?

Penso che i seguenti tre punti siano importanti.
・ “Wajo Ryoshu”. C’è questo antico modo di dire che esprime bene il concetto di una vera e propria scuola di pensiero del lavorare in cantina. Wajo Ryoshu significa che un buon sake può essere prodotto solo se c’è armonia tra le persone che lo producono. Se c’è un buon clima e una buona sintonia e relazione tra le persone che sono coinvolte nella produzione del sake, allora il sake verrà buono. E’ un approccio che condivido tutti i giorni che trascorro in cantina con i miei collaboratori con i quali sono felice di poter lavorare intere giornate con entusiasmo e serenità.
・ Impegnati per migliorare la qualità del sake.
・ Continua sempre a pensare a cosa stai facendo per produrre il sake.

Questi ultimi due punti sono un po’ un mio mantra che mi motivano ogni giorno. So bene che ci sono molte variabili nel produrre il sake e so che ci sono molti aspetti e fattori che compongono la produzione: ma so che per produrre un buon sake bisogna stare molto attenti e concentrati sul risultato che si vuole ottenere.

Mentre produci il vostro sake, quale tipo di gusto hai in mente?

Mentre lavoro alle fermentazioni, devo avere la mente sgombra da pensieri e concentrarmi sul gusto del sake che voglio raggiungere. Qui produciamo un sake con il riso che coltiviamo intorno alla cantina e con l’acqua di montagna che ricaviamo dal vicino fiume. Voglio che il sake che produciamo sia lo specchio di questi elementi naturali di questo territorio. Voglio fare un sake caldo che impressioni quando lo si beve. In termini di gusto, voglio fare un sake che mantenga un buon contenuto di umami, abbia un buon equilibrio aromatico e sia secco e corto. Mi piacerebbe che chi lo beve possa dire: di questo sake ne potrei bere tanti bicchieri senza smettere mai!

Qual'è la tua giornata di lavoro? Che cosa fa in cantina il Toji?

Innanzitutto stabilisco un programma giornaliero per tutto il gruppo e, nella riunione che facciamo la mattina presto, do istruzioni dettagliate a tutti gli operai e mi assicuro che siano comprese affinchè i miei collaboratori sappiano portare avanti il loro lavoro nel migliore dei modi. Molti operari sono giovani e hanno poca esperienza quindi devo tenere gli occhi aperti. Poi controllo personalmente la qualità delle singole fermentazioni e le temperature. Tutti i giorni faccio le analisi di tutte le tank per verficare che tutto stia procedendo bene. E, infine, mi occupo personalmente di produrre il koji che è la parte più importante quando si vuole creare un gusto del sake: dal koji dipende molto il tipo di gusto che vuoi ottenere alla fine.

Ho visto che su alcune vostre bottiglie è scritto "Eiji Terroir". Potresti spiegarci che cosa significa?

Eiheiji Terroir è una espressione derivata dal francese e spesso usata nel vino e abbiamo pensato che fosse un concetto che ben si adatta anche al mondo del sake. Coltiviamo il riso per sake nella nostra città natale di Eiheiji da circa 30 anni e dal 2017 produciamo sake utilizzando solo riso per sake coltivato qui dalla nostra azienda e da agricoltori locali. Inoltre, l’acqua utilizzata è acqua sciolta dalla neve delle vicine montagne che scorre sottoterra. Infine anche gli operai sono gente del posto.
Questa preparazione di sake che è particolare di Eiheiji, ed è per questo che abbiamo coniato l’espressione [Eiheiji Terroir].
Vorremmo trasmettere a chi sceglie i nostri sake, il ​​clima, il paesaggio, i sentimenti del produttore, il vento che scuote le spighe di riso, il suono dell’acqua di sorgente, il profumo della terra In una bottiglia di sake.

Quando bevi Hakuryu, puoi pensare a Eiheiji, dopo aver bevuto
il nostro sake vorrei che ti faccia venire voglia di venire qui.
Anzi, vorrei che anche gli italiani avessero volgia di venire a visitare la nostra cantina!

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